domenica 16 gennaio 2011

THAIS

Cari amici,
altro post di opera. Proprio in questo istante sto ascoltando una di quelle opere del periodo tardo Ottocento che acquista tutta l'ascoltabilità dal fatto di ricalcare una sensibilità sempre più vicina a noi. Sto parlando della "Thais" del francese Massenet. La musica francese si distingue dalle contemporanee opere classiche all'italiana e heavy metal alla tedesca. Il suono è compattato e prelude le sperimentazioni successive del simbolismo, grazie all'atmosfera misteriosa e a certo esotismo in voga in quel tempo.

Alessandria d'Egitto, IV secolo dopo Cristo. Thais è una sacerdotessa del culto di Venere e fa la puttana. Athanael è un monaco cristiano che si è ritirato a meditare nel deserto. La predicazione del monaco lo spinge a tornare alla città natale per salvare l'anima della cortigiana, la quale lo aveva attratto quand'era più giovane. Dopo un'orgia in cui ha deriso pubblicamente il monaco, Thais, sola, si chiede quanto il suo stile di vita abbia un significato. Durante il duetto successivo il monaco le parla della vita eterna e sfugge ai suoi tentativi di seduzione. La donna fugge nel suo palazzo dopo averlo nuovamente deriso, ma visibilmente turbata. Dopo una notte, resa dalla celeberrima "Meditation" per violino solo eseguita anche da sola nei concerti, si presenta all'alba al monaco, determinata a seguirlo nel deserto. Durante il viaggio molto duro, Thais si sente mancare. In una sosta ad un'oasi, i due si avvicinano, due "anime sole", in un modo sì spirituale ma tutto intriso di erotismo. Quando le monache giungono per condurre Thais al loro convento, Athanael si ritrova a subire la mancanza della ragazza ma decide comunque di incamminarsi nel deserto. Nei tre mesi successivi il monaco è scosso da visioni e sogni in cui le appare Thais e non riesce a smettere di pensarla. Nell'ultima visione la vede morente al convento. Perciò accorre al suo capezzale. Le dice di amarla, di averle mentito e che "di vero ci sono solo la vita e l'amore umano". Thais è però già persa nella visione del cielo e di ciò che sta al di là della vita, non lo sente e si spegne dolcemente.

Opera "scandalosa", ripropone il solito tema occidentale "anima vs corpo" in una chiave ironica e deridente la religione bacchettona del tempo (e forse anche di oggi). Alla fine si ha il sospetto che Thais CREDA di vedere il cielo, mentre invece c'è la possibilità che il monaco le abbia tolto, portandola a una morte inutile, tutto ciò che c'è di vero e concreto, vale a dire la vita e l'amore umani. In qualunque caso il finale triste c'è anche nell'altro caso, dal momento che il monaco perde la sua anima salvando quella della cortigiana amata e rifiutata. Il momento in cui Athanael si rende conto che la deve abbandonare e che deve riprendere la via del deserto è stato individuato come uno dei momenti più drammatici dell'opera ottocentesca. La parte di Thais è una delle più difficili del panorama operistico, serve una cantante espressiva e dotata di un'estensione molto ampia (questo è uno dei molti motivi per cui oggi è rappresentata abbastanza raramente).

Con opere come questa si sono aperte le possibilità, in Francia, di trovare vie espressive diverse da quelle imposte dal wagnerismo (e che pure da esse restano comunque influenzate).

Il vostro corrispondente dall'Emilia

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