mercoledì 31 ottobre 2012

Lavorare vicino a casa ma oltreconfine


Siccome mi e' capitato piuttosto spesso di scrivere sul blog di lavoro, prospettive per i neolaureati e non solo, non posso non spendere qualche riga a descrivere l'esperienza lavorativa che ho appena cominciato in Francia.

Usciti dall'Universita' di Genova (ma non solo da questa) pochi di noi sanno che oltre alle mecche lavorative di Torino ma soprattutto Milano, esiste almeno un'altra realta' a portata di mano: quella di Sophia Antipolis. Sophia Antipolis e' un'area collocata in Costa Azzurra, pochi chilometri dietro le citta' di Nizza, Antibes e Cannes (cioe' a circa due ore d'autostrada da Genova): non e' propriamente una citta' ma un agglomerato di aziende e di servizi ai lavoratori di tali aziende, i quali risiedono principalmente nei tre centri che ho elencato prima ma che passano la loro giornata lavorativa qui. Le aziende presenti in quest'area hanno come denominatore comune quello di essere aziende tecnologiche: spaziano dall'ambito puramente informatico a quello elettronico e delle telecomunicazioni, a quello farmaceutico e delle biotecnologie. Insomma, il paradiso lavorativo del laureato in materie scientifiche. Non mancano universita' e istituti di ricerca: l'INRIA (il CNR francese - senza offesa per i francesi) ha una sede importante sul posto e interagisce con alcune delle aziende che hanno sede qui. 

L'azienda piu' importante con sede a Sophia Antipolis e' Amadeus, una multinazionale che si occupa di fornire software in ambito turistico: per dare un'idea delle dimensioni, questa sola azienda da' lavoro a piu' di 4000 dipendenti nella sola sede situata nel sud della Francia. In generale, gli stipendi sono molto piu' alti che in Italia e, se anche il costo della vita e' comunque piu' caro rispetto che da noi (parlo di Genova ma non di Milano), il bilancio rimane nettamente in attivo. Le assunzioni sono continue anche se la concorrenza e' piuttosto alta: Amadeus, per esempio, ha come politica quella di assumere gente da tutte le parti della Francia e del Mondo, privilegiando i curriculum migliori in termini di diplomi, voti ed esperienze maturate, a prescindere dal fatto che questi non siano molto legati al lavoro che ti propongono. Il flusso di assunzioni e' cosi' intenso da essere in parte gestito da aziende di consulenza che svolgono il mero ruolo di cacciatori di teste per Amadeus: scovano curriculum su Monster o su altri motori di ricerca e poi li segnalano ad Amadeus. Nel caso questi dia l'ok, loro li assumono spedendoli a lavorare li' e ricavandoci immagino un bel po' di soldi. Io stesso - a quanto ho capito - riceverei un premio se segnalassi alla mia azienda di consulenza il profilo di qualcuno che dopo la trafila del colloquio venisse assunto (quindi, se siete interessati..).

Ci sono parecchi italiani, per vari motivi: vicinanza, stipendi ma anche perche' evidentemente la formazione che abbiamo e' ben considerata (anche se ho notato che i politecnici di Milano e Torino sembrano essere privilegiati rispetto alle altre universita'). Su internet si trovano anche parecchi blog che descrivono piu' nel dettaglio vita ed esperienze qui, ma comunque in costa azzurra si vive bene: Nizza, Cannes e Antibes non le scopro certo io.. Insomma io, se dovessi scegliere tra qui e Milano, non ci penserei due volte!

Continua qui.

sabato 27 ottobre 2012

Cose estreme


Girovagando su youtube si trovano spesso cose estreme... Ecco quattro video abbastanza pazzeschi


Il primo è il record (anzi ex record) di altezza di tuffo: 172 piedi (52 m circa)
Gli americani sono proprio strani... hanno costruito una torre composta solo da una scala per l'occasione, e c'era anche un sacco di gente a guardare...
Da notare la ripresa dall'alto ma soprattutto la condizione delle fasce per i legamenti di questo soggetto che risponde al nome di Dana Kunze.






Il secondo non è un record ma una figata: la tuta alare.
Questo video è molto "fiero"  come si dice a Genova.
Velocità allucinanti, distanze dal crinale ridotte all'osso e musica da veri "becci" fanno il resto.
Al min 3.02 passa in un punto davvero stretto ad una velocità folle






Terzo video della rassegna vede protagonista l'italiano Brumotti.
Ho scoperto che ha lavorato per striscia la notizia e questo non gli fa onore, ma del resto uno che si è tatuato il suo cognome a caratteri cubitali in stile gotico sul petto non dev'essere del tutto dritto, e infatti a giudicare dal video è proprio così!!
Da notare dove si va a cacciare al min 3.00  !!!!






Ultimo video, sempre in tema di sport estremi: Jamie Thomas è un veterano dello skateboarding che nel 97 ha voluto superare il limite del buonsenso buttandosi giu da un muro alto oltre 5 metri e mezzo. Inutile dire che la tavola si è spaccata all'istante e quindi il salto non è stato ufficialmente "chiuso", ma il tipo non si è fatto nulla.
Quel salto ha preso il nome di "Leap of Faith", e tutt'oggi nessuno è riuscito nell'impresa. Qui sotto il video del primo (ed ultimo) tentativo di Thomas.
A questo link invece date un'occhiata a com'è andata ad un tipo coi rollerblade che provava lo stesso salto!





Al prossimo video inutile!


giovedì 18 ottobre 2012

Solar – Ian McEwan


Mi inserisco nella serie di recensioni di libri e film che ultimamente ha animato il blog proponendo un libro che ho appena finito di leggere e che – strano ma vero – mi è piaciuto. Il libro è Solar, l’autore Ian McEwan.

L’ho scelto in libreria facendomi ispirare dal momento, della quarta di copertina e dal minimo di curiosità che avevo nei confronti dell’autore. C’è chi dice che, in libreria, in realtà non sia tu a scegliere i libri ma siano bensì loro a scegliere te; c’è poi chi si innamora dell’impaginazione e dell’odore prima che del contenuto… Tutte cazzate. Se vai a caso in libreria 99 volte su 100 ti becchi delle sole ma stavolta mi è andata bene.

Non fatevi portare fuori strada dal titolo, qui non si parla di fantascienza: Solar è un romanzo il cui protagonista è un uomo di mezza età alle prese una vita sentimentale sgangherata, problemi di peso e una vita professionale ogni giorno che passa sempre meno stimolante. Michael – questo il suo nome – non è però un uomo qualunque: premio Nobel per la Fisica in gioventù, ormai ha come principale attività quella di vendere  la propria partecipazione e il ritorno che essa porta con sè a conferenze e istituti scientifici. Cinico e disilluso si troverà così a capo di un’istituzione scientifica nata per promuovere la ricerca nell'ambito delle energie rinnovabili e – nel bene e nel male – la sua vita cambierà.

Il libro a me pare davvero ben scritto (sarà che ne venivo da un Grisham!) e personaggio e storia mi sembrano ritratti davvero efficacemente, mettendo insieme cinismo e buoni sentimenti, tragedia e commedia. Inevitabilmente, qua e là McEwan deve scrivere di scienza e la qual cosa – se fatta male – può far cadere le palle al lettore esperto o annoiare il profano: a me, anche in questo campo, McEwan sembra avere lavorato bene ma c’è da dire che io sono una figura a metà, quindi non faccio molto testo.. In ogni caso, lettura consigliata!

martedì 16 ottobre 2012

Il Personal Computer


Una piccola chicca scoperta per caso, che la dice lunga su quanto sia cambiata la società in appena trent'anni, da quando cioè il personal computer ha iniziato prepotentemente ad entrare nelle case della gente comune. Si tratta di un brano di Primo Levi in cui lo scrittore racconta il suo primo approccio con l'informatica: buona lettura!



Due mesi fa, nel settembre del 1984, mi sono comprato un elaboratore di testi, cioè uno strumento per scrivere che va a capo automaticamente a fine riga, e permette di inserire, cancellare, cambiare istantaneamente parole o intere fra- si; consente insomma di arrivare d'un colpo ad un documento finito pulito, pri- vo di inserti e di correzioni. Non sono certo il primo scrittore che si è deci- so al salto. Solo un anno fa sarei stato giudicato un audace o uno snob; oggi non più, tanto il tempo elettronico corre veloce. Mi affretto ad aggiungere due precisazioni. In primo luogo chi vuole o deve scrivere può benissmo continuare con la biro o con la macchina: il mio gadget è un lusso, è divertente, anche entusiasmante, ma superfluo. In secondo, a rassi- curare gli incerti e i profani: io stesso ero, anzi sono tuttora, mentre scrivo sullo schermo un profano. Di cosa avvenga dietro lo schermo ho idee vaghe. Al primo contatto, questa mia ignoranza mi umiliava profondamente; è accorso a rinfrancarmi un giovane che pa- ternamente mi fa da guida, e mi ha detto: - Tu appartieni alla austera genera- zione di umanisti che ancora pretendono di capire il mondo intorno a loro. Que- sta pretesa è diventata assurda: lascia fare all'abitudine, e il tuo disagio sparirà. Considera: sai forse o ti illudi di sapere, come funziona il telefono o la Tv? Eppure te ne servi ogni giorno. E al di fuori di qualche dotto, quanti sanno come funziona il loro cuore o i loro reni? 

Nonostante questa ammonizione, il primo urto con l'apparecchio è stato pieno di angoscia: l'angoscia dell'ignoto, che da molti anni non provavo più. L'elabora- tore mi è stato fornito col corredo di vari manuali, ho cercato di studiarli prima di toccare i comandi, e mi sono sentito perduto. Mi è parso che fossero scritti apparentemente in italiano, di fatto in una lingua sconosciuta; anzi in una lingua beffarda e fuorviante, in cui vocaboli ben noti,come "aprire", "chiu- dere", "uscire", vengono usati in sensi insoliti. C'è sì un glossario che si sforza di definirli, ma procede all'inverso dei comuni dizionari: questi defini- scono termini astrusi ricorrendo a termini famigliari; il glossario pretende di dare un nuovo senso ai termini falsamente famigliari ricorrendo a termini astru- si e l'effetto è devastante. Quanto meglio sarebbe stato inventare, per queste cose nuove, una terminologia decisamente nuova! Ma ancora è intervenuto il gio- vane amico, e mi ha fatto notare che pretendere di imparare ad usare un compu- ter sui manuali è stolto quanto pretendere di imparare a nuotare leggendo un trattato, senza entrare nell'acqua; anzi mi ha precisato, senza sapere cos'è l'acqua, avendone solo sentito vagamente parlare. Mi sono dunque accinto a lavorare sui due fronti, verificando cioè sull'ap- parecchio le istruzioni dei manuali, e mi è subito tornata alla mente la leggen- da del Golem. Si narra che secoli addietro un rabbino-mago avesse costruito un automa di argilla, di forza erculea e di obbedienza cieca, affinchè difendesse gli ebrei di Praga dai pogrom; ma esso rimaneva inerte, inanimato, finchè il suo autore non gli infilava in bocca un rotolo di pergamena su cui era scritto un versetto della Torà. Allora il Golem di terracotta diventava un servo pronto e sagace: si aggirava per le vie e faceva buona guardia, salvo impietrirsi nuo- vamente quando gli veniva estratta la pergamena. Mi sono chiesto se i costrutto- ri del mio apparecchio conoscessero questa storia (sono certo gente colta ed an- che spiritosa): infatti l'elaboratore ha proprio una bocca storta, socchiusa in una smorfia meccanica. 
Finchè non vi introduco il disco-programma, l'elaborato- re non elabora nulla, è una esamine scatola metallica; però quando accendo l'in- terruttore, sul piccolo schermo compare un garbato segnale luminoso: questo, nel linguaggio del mio Golem personale, vuol dire che esso è avido di trangugia- re il dischetto. Quando l'ho soddisfatto, ronza sommesso, facendo le fusa come un gatto contento, diventa vivo, e subito mette in luce il suo carattere: è ala- cre, soccorrevole, severo coi miei errori, testardo e capace di molti miracoli che ancora non conosco e che mi intrigano. Purchè alimentato con programmi adatti, sa gestire un magazzino o un archivio, compilare istogrammi, perfino giocare a scacchi: tutte imprese che per il momen- to non mi interessano, anzi, mi rendono malinconico e immusonito come quel maia- le a cui erano state offerte le perle. Può anche disegnare, e questo è per me un inconveniente di segno opposto: non avevo più disegnato dalle elementari, e trovarmi adesso sotto mano un servomeccanismo che fabbrica per me, su misura, le immagini che io non so tracciare, e a comando me le stampa anche sotto il na- so, mi diverte in misura indecente e mi distoglie da usi più propri. Devo fare violenza a me stesso per "uscire" dal programma-disegno e riprendere a scrivere. Ho notato che scrivendo così si tende alla prolissità. La fatica di un tempo, quando si scalpellava la pietra conducendo allo stile "lapidario": qui avviene l'opposto, la manualità è quasi nulla, e se non ci si controlla si va verso lo spreco di parole; ma c'è un provvido contatore, e non bisogna perderlo d'occhio. Analizzando adesso la mia ansia iniziale, m'accorgo che era in buona parte illo- gica: conteneva un'antica paura di chi scrive, la paura che il testo faticato, unico, inestimabile, quello che ti darà fama eterna, ti venga rubato o vada a finire in un tombino. Qui tu scrivi, le parole appaiono sullo schermo nitide, bene allineate, ma sono ombre: sono immateriali, prive del supporto rassicuran- te della carta. "La carta canta", lo schermo no; quando il testo ti soddisfa, lo "mandi su disco", dove diventa invisibile. C'è ancora, latitante in qualche angolino del disco-memoria, o l'hai distrutto con qualche manovra sbagliata? Solo dopo giorni di esperimenti "in corpore vili" (e cioè su falsi testi, non creati, ma copiati) ti convinci che la catastrofe del testo perduto è stata pre- vista dagli gnomi geniali che hanno progettato l'elaboratore: per distruggere un testo occorre una manovra che è stata resa deliberatamente complicata, e du- rante la quale l'apparecchio stesso ti ammonisce: "Bada, stai per suicidarti". Venticinque anni fa avevo scritto un racconto poco serio in cui, dopo molte e- sitazioni deontologiche, un poeta professionale si decide a comprare un Versifi- catore elettronico e gli delega con successo tutta la sua attività. Il mio appa- recchio per ora non arriva a tanto, ma si presta in modo eccellente a comporre versi, perchè mi permette innumerrevoli ritocchi senza che la pagina appaia sporca o disordinata, e riduce al minimo la fatica manuale della stesura: "così si osserva in me lo contrappasso". Un amico letterato mi obietta che così va perduta la nobile gioia del filologo intento a ricostruire, attraverso le suc- cessive cancellature e correzioni, l'itinerario che conduce alla perfezione del- l'infinito: ha ragione, ma non si può aver tutto. Per quanto mi riguarda, da quando ho posto freno e sella al mio elaboratore ho sentito attenuarsi in me il tedio di essere un Dinornis, un superstite di una specie in estinzione: l'uggia del "sopravvissuto al suo tempo" è quasi scompar- sa. Di un incolto, i Greci dicevano: "non sa né leggere né nuotare"; oggi si ag- giungerebbe "né usare un elaboratore"; non lo uso ancora bene, non sono un dot- to e so che non lo sarò mai, ma non sono più un analfabeta. E poi dà gioia po- ter aggiungere un item al proprio elenco dei "la prima volta che" memorabili: che hai visto il mare; che hai passato la frontiera; che hai baciato una donna; che hai destato a vita un Golem. 
[L'altrui Mestiere - Primo Levi]

lunedì 8 ottobre 2012

Energia: libero mercato e interventismo di Stato


Ciao a tutti, tanto per cambiare mi trovo a scrivere di energia (per vostra sfortuna oggi sarò più prolisso del solito)

L'argomento che vorrei sollevare, nella speranza che qualcuno più competente di me possa chiarirmi le idee, riguarda il mercato dell'energia.

E' un tema complesso, ma la questione che sollevo, che spiegherò a breve, è abbastanza intuitiva, ed è sostenuta da una persona che non è proprio l'ultima arrivata: ha lavorato nel settore dell'energia per più di 35 anni, sia in Italia che in Francia.. Insomma, è uno che ne sa a pacchi.

Egli sostiene che, stringi stringi, il libero mercato dell'energia di fatto remi contro all'ottimizzazione ed all'eficientamento energetico.
In pratica sostiene che l'energia sia ormai un bene primario, come l'acqua, e pertanto andrebbe gestita in buona parte dallo Stato.
In un mondo come il nostro, dove la libera competizione dei mercati dovrebbe consentire "intrinsecamente" un'ottimizzazione delle risorse (l'azienda per essere competitiva deve fare prezzi buoni, e per farlo deve spendere poco, quindi ottimizzare appunto) appare una tesi strampalata, però le argomentazioni a suo favore sembrerebbero essere convincenti..




L'energia non si può accumulare, perciò quella che serve va prodotta all'istante. La borsa dell'energia, nella quale avvengono le transizioni tra acquirenti e produttori, è un ambiente perciò piuttosto frenetico, per due motivi.

Ci sono interi reparti dedicati all'analisi predittiva del carico, e funzionano piuttosto bene, il problema è che come tutte le analisi predittive esse sono affette da errore.
Questo fatto unito soprattutto alla "gerarchia energetica", per la quale gli impianti rinnovabili hanno la priorità di erogazione in rete rispetto agli impianti classici, fa si che la rete possa variare l'effettiva richiesta a causa dei "buchi" lasciati dalle rinnovabili, dato che sono fonti stocastiche (percui se ho un campo solare da 50 MW e passa una nuvola, ho un gap energetico da colmare, e come? con le care vecchie centrali a combustibile fossile)




A livello "tecnico" questa impostazione ha diverse
conseguenze..
Innanzitutto per stare dietro alle oscillazioni del mercato le società sono portate a tenere parte di impianti termoelettrici a regime di minimo per tutto il giorno (che NON immettono energia ma che però bruciano combustibile fossile!) usati esclusivamente per coprire le punte di carico, oppure i "buchi" lasciati dalle fonti stocastiche.
Impianti termoelettrici che, quindi, funzionano da centrali vere solo per qualche ora., vi lascio immaginare i consumi e l'inquinamento assolutamente inutili..
Per non parlare della vita utile degli impianti, che si riduce drasticamente con il continuo accendi-spegni, ma anche con la continua variazione di potenza erogata.
[a questo proposito mesi fa era uscito un servizio di Report, mi pare.. purtroppo non sono riuscito a recuperarlo]


Inoltre, in quest'ottica continuamente mutevole e frenetica gli impianti vincenti sono quelli piccoli e reattivi, pronti, cioè a seguire il carico chiesto, che siano abituati a variare continuamente la potenza emessa.
In perfetta antitesi con l'effetto scala (per il quale, per produrre 100, è meglio UN impianto da 100 anzichè due da 50).
Il rendimento degli impianti inoltre non è costante, e varia a seconda dell'energia prodotta, percui vien da se che lavorando continuamente a carichi parziali e fuori dalle condizioni nominali, il rendimento sia inferiore (uguale: maggior consumi, piu inquinamento)





Ci sarebbe poi la questione della maggior difficoltà di investimenti a lungo termine, in quanto le società devono comunque chiedere finanziamenti bancari, e se i ritorni economici non si hanno nel giro di pochi anni non partono.
E anche questo fa si che le aziende investano in impianti più piccoli.





Insomma, la tesi finale è che quando era lo Stato a regolamentare tutto, poteva fare investimenti a lungo termine, su impianti grossi e piu efficienti, e farli lavorare sempre in condizioni nominali (dunque con i rendimenti massimi)



Certo, il fatto che l'energia fosse gestita in maniera monopolistica dallo Stato dava luogo ad altri problemi, però per certi versi ho la sensazione che non sia un discorso campato in aria.


Del resto, l'idea che mi sono fatto (da profano, lo ammetto, perchè di economia non ne so molto) ma che comunque mi sembra una cosa ormai assodata, è che il libero mercato lasciato a se stesso è deleterio, slegato dalla realtà, astratto, e non tutto quello che produce è buono.




E' chiaro che nessuno ipotizza un ritorno al monopolio di Stato, ma, anche in questo caso, un certo interventismo sarebbe forse auspicabile.
Non si tratta di tornare alle vecchie e pesanti centrali da 1 GW in su, e disincentivare la generazione distribuita, si tratta di coniugare le due cose: impianti grossi ed efficienti (fatti lavorare in condizioni nominali) a coprire un carico di base, affiancato ad una generazione distribuita di piccoli impianti (caldaie cogenerative, fotovoltaico, eolico) che soddisfi le necessità  di "isole energetiche".. Ma per far questo, come accennavo già qualche post fa, è essenziale lo sviluppo di una rete di distribuzione intelligente, le cosidette "Smart Grid"

Per finire qualche numero:
l'efficienza di rete è passata dal 37% circa al 44% dal 2002 al 2012.
Ottimo, abbiamo guadagnato 7 punti percentuali.
Peccato però che nel frattempo abbiamo costruito diverse centrali a ciclo combinato con rendimenti al 58%, molte vecchie centrali hanno subito una conversione a ciclo combinato (compresa la "nostra" centrale spezzina) per non parlare dell'"esplosione fotovoltaica", 13 GW solari installati in pochi anni.
Se questi impianti fossero gestiti in maniera coordinata ed intelligente, sicuramente ne avremmo guadagnati molti di più..


Per chi volesse approfondire l'argomento, ecco qualche link
  • sito del GME (Gestore del Mercato Elettrico), dove è spiegato per filo e per segno come funziona la borsa elettrica
  • sito di TERNA S.p.A. ,proprietario della rete elettrica 
  • rapporto redatto dalla Bocconi nel 2009, a 10 anni dal decreto Bersani sulle liberalizzazioni energetiche


Alla prossima!


venerdì 5 ottobre 2012

A che punto siamo?

Da poco meno di un anno l'Italia è governata dai tecnici ed io ho cambiato idea almeno cento volte se questa sia una buona o una cattiva cosa.


Di base c'è il sollievo di aver allontanato i figuri che ci avevano governato prima e di vedere che continuano a non cavarsela per niente bene. Spero che finiscano nell'oblio, perché augurarmi che la giustizia faccia il suo corso mi sembra un lusso che non posso permettermi!

Poi viene la soddisfazione per la riacquistata credibilità internazionale, senza culone o proposte di ruoli da kapò da dover sopportare.

Poi ancora ci sono tutte le riforme promesse da decenni e approvate in tempi relativamente brevi. E già qui sono in confusione, perché se è vero che hanno abbassato lo spread e hanno reso più sostenibile il nostro apparato statale, hanno anche aumentato il carico fiscale della gente comune. Stanno combattendo davvero i grandi evasori o aumentando semplicemente i controlli sui piccoli esercizi? Per carità, non bisogna fare eccezioni neanche per scontrini da 10€, però neanche dimenticarsi di chi porta illegalmente in Svizzera o a Canicattì ben altre somme.

Sono molti quelli che dicono che è sbagliato il punto di vista: che non siamo obbligati a prendere come modello di riferimento il sistema economico della Germania, BCE, FMI, ecc. Può darsi, del resto Monti è un uomo cresciuto e formatosi in quegli ambienti, e come lui probabilmente il resto dei suoi ministri. Votare in primavera costituirà quindi un rischio per la fragile stabilità guadagnata, siamo d'accordo, ma dovrebbero diventare elezioni importantissime per dare al paese una direzione da seguire. Eccesso di ottimismo? Sì, ci sta.

Intanto mi limito a rilevare l'ennesimo segnale di cambiamento in atto. Nei giorni scorsi Schifani, l'onorevole presidente del Senato, si è presentato a Genova per inaugurare un nuovo padiglione del Gaslini. Il Secolo XIX riporta:
Parlerà anche di politica, fanno trapelare portavoce e ufficio stampa. Giornalisti convocati alle 16. [...] L’idea è quella di chiedere come si concilia la sua fretta di far approvare l’anticorruzione con la melina del Pdl che frena perché vuole una norma che “bruci” il processo a Berlusconi sul caso Ruby. [...] «Non spingete, non avvicinatevi troppo, altrimenti il presidente non parla». Ultime istruzioni da un distinto personaggio, si pensa a un componente dello staff. Finalmente Schifani si palesa.Sorpresa: il distinto personaggio prende il microfono. E fa la prima domanda. Poi la seconda.E la terza. Davvero “aggressiva” la terza sulla corruzione: «Non pensa che oggi ci sia necessità di pulizia e trasparenza in politica?». È anche l’ultima. Schifani se ne va. Inutilmente inseguito: vorremmo fargli altri quesiti. Il personaggio ripone il microfono. È l’inviato dal Tg1 Fabrizio Ziantoni. Era tutto concordato: tre domande di Ziantoni e poi stop. [...] Roba da Minculpop o da regime sudamericano. Ma forse è solo roba da regime tutto italiano dell’informazione.

Meravigliato dalla notizia? Tutt'altro! Piuttosto chi si sarebbe immaginato anche solo un anno fa un articolo di denuncia così diretto da un giornale che non è certo noto per alzare la voce contro i potenti? L'ennesimo segno che i potenti in questione stanno cambiando...