martedì 11 gennaio 2011

Proletariato? Ma va là...

Cari amici,
terzo post in un giorno. Ho una domanda per tutti quanti... Qual'è la condizione del proletariato oggi? Oddio... Ma ho usato davvero quella parolaccia? PROLETARIATO? Ma non ero io quello che, qualche post fa, promuoveva un'emancipazione da certi concetti del passato? Che cosa succede?

Ve lo spiego io cosa succede. I luoghi in cui si discute, questo blog compreso, si attaccano troppe volte a dei ragionamenti astratti che rischiano di dimenticare la natura concreta delle cose. Forse questo era ciò che, una vita fa, il buon Fabione voleva dire con quel commento scambiato per supercazzola. E beninteso che io sono un vero maestro a fare ragionamenti astratti, storiografici o filosofici, come saprà chi si prende la briga di leggere i miei prodotti grafomani. Ebbene ora voglio, in un qualche modo, ispirato dalle nobili parole di Marchionne di questi giorni, tornare a certa concretezza perduta.

L'assunto fondamentale è che il proletariato esiste. Esiste. Quante volte si è sentito dire che certe distinzioni non ci sono più? Che il proletariato non esiste più? Come se il miglioramento delle condizioni di vita cambiasse l'oggettiva (ma guai a nominarla) differenza sociale che vive nella nostra civiltà. Ma di che cosa parlo? Parlo di coloro, un pò più modernamente che dal passato, che vivono solo ed esclusivamente con i frutti del proprio lavoro e, spesso, stenterebbe, se non esistessero i fidi bancari, a chiudere il mese dignitosamente. Coloro che non possono fronteggiare spese improvvise. Coloro che non hanno alcun tipo di proprietà o aiuto esterno (la base economica di una famiglia alle spalle). Coloro che senza il loro lavoro sono perduti. Perciò per me, seppur in una accezione forse più ampia, il proletariato esiste. Ma è innegabile che le cose sono cambiate. Non stiamo parlando di neorealismo italiano (famiglie composte da padre, madre e 8 figli... Magari ci sono alcuni di noi che hanno uno o entrambi i genitori nel ruolo dei figli di cui sopra, il che probabilmente non comporta una situazione favorevole, ma su questo sorvolerò). Che cosa è cambiato? E' la CONSAPEVOLEZZA. La classe operaia (consentitemi questo supposto anacronismo che tanto anacronismo non è) è divisa, perduta, si appoggia ai valori per essa sbagliati, non ha più una classe politica di riferimento. Non è, in definitiva, più consapevole di ciò che è. Nel migliore dei casi si ritrova, nell'anno 2011, ad avere a che fare, proprio per questa inconsapevolezza e per altri fattori esterni, con dei ricatti inauditi e databili anni Sessanta. Mio padre ha dormito in fabbrica 8 mesi ai tempi affinchè certe cose cambiassero. Anche grazie a queste lotte sono cambiate. E ora si sta azzerando tutto. Anche perchè il potere dato al lavoratore è nullo, in questi tempi (su come "fattori esterni" o "questi tempi" abbiano annullato tale potere dirò un'altra volta). Non so se siano più possibili azioni come quelle di allora. E poi, come dicevo, la classe operaia non sa più con chi, con cosa identificarsi (giacchè per il mondo essa non esiste praticamente più) e quindi è bloccata nel suo agire.

La cosa preoccupante è che nessuno sembra curarsene. Da un lato c'è un colto tedesco che si turba per un pene coperto da un profilattico in una scuola media. Dall'altro abbiamo giovani intellettuali (anche qui) che si baloccano su questioni formali, certi di potersi non preoccupare troppo di certi problemi relegati ai confini. Al centro, ed è la maggior parte della gente, c'è chi crede che certe cose non esistano più, che chiunque ne parli sia un populista o un (lo dico piano) comunista che tira fuori le solite vecchie menate sul (oddio... no no... NOOOO) PROLETARIATO.
Il vostro corrispondente dall'Emilia

6 commenti:

  1. Anna Finocchiaro a Ballarò in merito al referendum riguardante l'accordo sindacati-Fiat:"Io voterei no. Ma io non sono un operaio che guadagna 1200 euro. Se dicendo no corressi il rischio di restare a casa ci penserei due volte."

    Come darle torto? Traduzione: l'impossibilità per la classe operaia moderna di avere un'identità.

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  2. Bolo secondo me ci sono due grossi motivi per cui i lproletariato attuale ha perso la consapevolezza del proletariato di 50 anni fa:

    - a quei tempi votavano PCI, o DC, e i partiti gil creavano i circoli ARCI e ACLI e li mettevano al centro delle loro politiche (soprattutto il PCI). Ora gli operai votano Lega o Pdl, ma non perchè gli costruiscono il circolo o appoggiano le loro lotte, ma perché sono più diretti, e si rivolgono ai ceti più bassi (girando il discorso, sanno che è più facile prendere il voto degli ignoranti -non che tutto il proletariato sia ignorante, ma i livello di studio è in media minore rispetto a quello di altre classi sociali- che quello degli studiosi). C'è ancora chi vota a sinistra, ma ormai è una esigua minoranza, e comunque i partiti di sinistra non sono più i partiti degli operai.

    - Non conosco le percentuali, ma buona parte del proletario ora è identificabile negli stranieri, di ogni nazionalità e religione. E, nel loro paese, anche di ceto: molti stranieri benestanti in patria, qui fanno la "vita da proletari". E in un contesto così eterogeneo, è difficile che si crei una sorta di identità comune, un ideale comune.

    Forse è anche per questo che si dice che il proletariato non esiste più, perché è diviso e non rappresentato.

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  3. Grazie della analisi puntuale Ballets! La condivido pressochè in ogni punto, sei d'accordo con me e hai individuato il centro della discussione: gli operai non si percepiscono quasi più come tali e il loro voto cade nelle mani sbagliate.

    Nella ditta privata di mio padre solo lui e un collega sono regolarmente iscritti alla CGIL e votano "a sinistra". Gli altri si sono fatti imbambolare. E alcuni di essi sono anche rimasti a casa dopo che le forze sindacali si sono notevolmente indebolite.

    Centrale la questione degli stranieri. Senza offesa, non mi aspettavo una simile lucidità. Grazie... E' noto che, spesso, gli stranieri accettano (o sono costretti) a condizioni di lavoro più difficili se non disumane; questo ha consentito ai padroni di riavvicinarsi a fare lo stesso anche con gli operai nostrani, che pur si erano guadagnati un posto e una dignità.

    Ecco il segreto per sconfiggere e controllare i lavoratori: dividerli, metterli l'uno contro l'altro, spezzare gli ideali che prima avevano in comune. Questo sta già accadendo...

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  4. Apprezzo il tuo tentativo di restituirmi quella briciola di dignità che mi spettava da ormai troppo tempo, caro Bolo.
    Riguardo a questo post, invece, non mi pare ci sia molto altro da dire. Utilizziamo tutti i giorni parole che descrivono "cose" esistite e accadute quaranta, cinquanta, a volte anche novanta anni fa, per esprimere ciò che ci accade attorno oggi. E che evidentemente somiglia solo vagamente a quel che utilizziamo per descriverlo. (Un esempio a caso: è un po' come se chiamassimo "lume" una moderna lampada da tavolo alogena. Ok, la funzione è la stessa e hanno qualche punto in comune, ma non sono poi la stessa cosa)
    Non è un peccato, lo riconosco. Possiamo benissimo continuare a usare parole come quella che tu discuti in questo intervento, ma scommetto che la tendenza a utilizzare parole come prol******to o com*****a (le scrivo così perché non so se si possono dire e scrivere alla luce del sole) può essere rimpiazzata, per creare meno schieramenti a priori, meno malintesi, più libertà di parlare senza necessariamente offendere chi si sente chiamare in questo modo.
    A tal proposito, se la smettessimo di credere che ciò che sta scritto sui libri possa essere sempre adattato al tempo moderno, come un copia-incolla di azioni, pensieri ed eventi accaduti un secolo fa, be'... male non farebbe.

    Fabio.

    PS: è prematurata, come se fosse per due? O scherziamo?

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  5. Cara capra...
    Il tuo "se la smettessimo di credere che ciò che sta scritto sui libri possa essere sempre adattato al tempo moderno, come un copia-incolla di azioni, pensieri ed eventi accaduti un secolo fa, be'... male non farebbe." è un inutile tentativo di copiare il mio "Lezione sugli -ismi" di qualche tempo fa, del resto senza un tentativo di portare alla giusta dignità il concetto di INTERPRETAZIONE, e perciò con una discutibile tesi di fondo...

    Grazie per l'attenzione, in fondo credo che non la pensiamo in modo così diverso io e te...

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  6. Cara pecorella smarrita,
        il mio "se la smettessimo di credere che ciò che sta scritto sui libri possa essere sempre adattato al tempo moderno, come un copia-incolla di azioni, pensieri ed eventi accaduti un secolo fa, be'... male non farebbe." è qualcosa che dico da anni ormai, in cui credo profondamente, sin da quando ho iniziato a vedere svolgersi di fronte a me scene imbarazzanti di gente che sventola bandiere, canta canzoni, ricorda o nomina idee di cento anni fa nella vana speranza di giustificare, o almeno contestualizzare, le cose che fa con scarsa coscienza. Quindi, fidati, ben prima di leggere il tuo post.

    Chi parla o agisce a caso, tanto per fare qualcosa, non capendo una mazza di come stanno realmente le cose, scusate l'espressione, mi fa schifo. Di conseguenza, non venire a parlarmi di interpretazione, anzi di INTERPRETAZIONE (come piace a te), perché l'interpretazione cosciente e responsabile di qualcosa che si è letto e appreso è una cosa, l'ignoranza, cioè non avere capito un cazzo di ciò che si è letto o "imparato" è un'altra.
    Io preferisco la prima.

    Fabio.

    PS: già, probabilmente la pensiamo allo stesso modo, ma accetta un consiglio da amico: smettila di postare roba alle 2 del mattino...

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