mercoledì 24 luglio 2013

The Rise and Fall of the Third Reich (II)

Carissimi
leggendo sistematicamente il libro di cui vi ho parlato l'altra volta, sono incappato in un episodio che non ricordavo, terrificante: il rogo dei libri (in tedesco Bücherverbrennungen), operato in molte città tedesche, dopo l'avvento al potere di Hitler nel gennaio del 1933.

Di striscio osservo che praticamente tutte le misure di nazificazione della Germania potevano dirsi concluse alla fine del 1933. Non meno importanti di altri furono gli interventi nella cultura, nel sistema educativo e nell'istruzione, di ogni ordine e grado. Emblema di questa prostituzione della cultura, il rogo di tutti i libri ritenuti pericolosi per il mantenimento della purezza della mentalità e della cultura tedesche. Al di là dei soliti Marx, Lukacs, Lenin e via dicendo (esponenti di quel "bolscevismo" odiato in egual misura dai nazisti e dalle democrazie occidentali di inglesi e francesi), mi sono sorpreso di trovare testi anche di autori non ebrei e non "bolscevichi", a rimarcare la degenerazione culturale di cui la Germania fu preda in quei giorni.

Le teorie fisiche di Einstein erano ritenute in tutte le università tedesche espressione di una cospirazione ebraica mondiale, con scopo il declino delle scienze naturali germaniche. Proust fu bruciato (questa però è un'opinione mia) perché nel suo capolavoro espone delle vite sessuali e sentimentali decisamente libere da schemi, con delle riflessioni sull'arte non gradite (è ironico che Proust fosse, come Hitler, grande estimatore della musica di Wagner). André Gide (omosessuale), James Joyce (emblema di un'arte "degenerata a puro esercizio intellettuale"), Sigmund Freud, Thomas Mann, Bertold Brecht, Hermann Hesse, Ernest Hemingway (per citare solo quelli di cui so qualcosa).

Il rogo dei libri (più in generale la distruzione di materiale culturalmente scomodo) non è unicamente ascrivibile al nazismo. Passate alla storia certamente la distruzione della biblioteca di Alessandria e il rogo di opere d'arte perpetrato da Savonarola a Firenze nel Quattrocento. Ma capite bene che di immagini reali di questi atti non ce ne sono pervenute, rimangono un pò mitiche, lontane, facenti parte di un mondo "precedente", che nella nostra mente è pure inconsciamente un pò "indietro". Invece qui meno di cento anni fa ci si ritrovava pubblicamente in piazza a bruciare libri, ci sono testimonianze fotografiche del fatto. E' in un certo senso più disturbante.

La cultura in uno stato totalitario coincide con il punto di vista del partito che, sotto molti aspetti, é lo Stato. Non è ammissibile alcun confronto. E' ironico pure il fatto che la Germania, in fondo all'abisso culturale in cui cadde dopo aver donato al mondo il meglio del meglio, trovò proprio una delle molte ragioni della sconfitta del nazismo: le teorie "ebraiche" di Einstein potevano essere utili nella corsa all'armamento atomico, raggiunto prima dagli Alleati. Esse furono bandite e gettate via, recuperate solo troppo tardi. Per fortuna.

Il fatto è che uno stato privo di cultura si atrofizza, si fiacca, si blocca in una visione prestampata e definitiva. La vita è movimento, mutamento. Non ci si può fermare in un punto. Lo scopo è sempre cercare di guardare oltre. Solo un folle molto intelligente ha potuto dare a bere ad un popolo intero che il Terzo Reich sarebbe durato "per mille anni". La cosa che turba un poco è che basta cambiare l'istruzione e l'informazione e il mondo lo modelli a immagine della tua mente di dittatore, anche se malata e perversa. Dimostrerò con il tempo che si è trattato di questo, anche nella nostra Italia recente. Con tutte le sfaccettature di responsabilità della sinistra, che in Germania pagò a carissimo prezzo la sua idealistica difficoltà a concludere nei fatti. Ma delle responsabilità interne ed esterne all'avvento del nazismo parlerò a tempo debito.

Ci sembra di poter concludere che uno stato, anche uno stato totalitario, non possa sopravvivere senza cultura. D'altronde uno stato totalitario esclude per definizione la cultura, che è scambio, confronto, differenti strumenti di lettura del mondo e di noi stessi. In uno stato totalitario esiste solo il partito che ha il 100% del Parlamento, che controlla ogni aspetto della tua vita, del tuo corpo e della tua mente. Più in generale il potere senza cultura determina l'inefficienza del potere stesso. Del resto ho scoperto l'acqua calda: questo è essenzialmente il messaggio di Platone, al di là delle stupidaggini vecchie di duemilaquattrocento anni. TEOREMA: uno stato totalitario non può durare. Nel frattempo può magari portare il mondo sull'orlo della fine, ma non può durare.


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