Nonostante cerchi di non esagerare scrivendo di calcio, ogni
settimana ce n’è una nuova e non riesco a non scriverne. Domenica, durante
Genoa - Siena, nuovo episodio di violenza all’interno di uno stadio. Il Genoa
perdeva 4 a 0 e i suoi tifosi più caldi hanno invaso il settore distinti
portandosi sopra il tunnel che porta agli spogliatoi, bloccandone l’accesso;
poi, hanno cominciato a lanciare fumogeni in campo interrompendo la partita per
arrivare a chiedere che i giocatori del Genoa consegnassero le maglie ai tifosi
in quanto giudicati indegni di portarle. E questi, depressi dal risultato,
impauriti ma, soprattutto, pavidi, si sono incredibilmente sottomessi al volere
degli ultras (la polizia, neanche a dirlo, non ha mosso un dito). Se ne è
parlato tanto e non ho gran che da aggiungere alla vicenda, ma mi volevo
soffermare sulla figura di uno dei calciatori del Genoa, Beppe Sculli. Sculli è
stato l’unico dei genoani che abbia rifiutato di levarsi la maglietta:
coraggioso e forse consapevole della perdita di dignità che il cedere ad un
simile ricatto avrebbe provocato a tutto il calcio. Insomma, a me è sembrato quello
con il maggior senso di civiltà di quelli presenti a Marassi. La cosa è curiosa
perché Sculli ha una storia particolare dietro di sé: non calcistica, perché
come calciatore ha dimostrato in questi anni di essere né più né meno di un
dignitoso calciatore da A, ma personale e familiare. Sculli è nipote del boss
dell’Ndrangheta Giuseppe Morabito, ex latitante e ora in carcere, accusato di
nefandezze di ogni genere. Gramellini vede nel parlottio tra Sculli e gli
ultras genoani un deprecabile dialogo tra “compari”. La mia impressione era
stata diversa e, a tutti gli effetti, Sculli resta l’unico che abbia avuto il
coraggio di ribellarsi all’arroganza tifosa. A margine di tutto ciò, cito il
seguente articolo di Panorama che si schiera dalla parte degli ultras: che si
parli di stadi, ferrovie e autostrade, di Genoa o di TAV, la mia opinione è che
si ricada sempre nel problema (già discusso sul quinto postulato qui) per cui, in Italia, chiunque ritenga
di avere delle valide ragioni, si reputa in diritto di sequestrare beni
pubblici creando danno a tutti gli altri. A fondo pagina le immagini di
Marassi.
Qualche giorno fa c’è stata la protesta degli specializzandi
in medicina contro la tassazione delle loro borse di studio. Le richieste dei
giovani medici sono state accolte e il progetto di tassazione cancellato. Qui,
le ragioni della protesta sono ben spiegate assieme alla situazione retributiva
degli interessati. Per quanto penso che la protesta fosse legittima e che quei
soldi siano meritati, non riesco a non considerare il fatto che i medici sono
una tra le categorie di neo laureati più fortunate e meglio retribuite in
assoluto. Ovvero, protesta sempre chi è abbastanza forte da poterlo fare. Dai
ferrovieri agli autisti dei bus, fino ai medici specializzandi.
Processo Breivik. Rapportata alla gravità dei fatti, avevo
come l’impressione che si fosse parlato persino troppo poco di ciò che era
accaduto, quando è accaduto. Uno che uccide 77 persone nel modo in cui l’ha
fatto ha di fatto trovato spazio sui giornali solo per una settimana o poco più,
poi silenzio fino al processo. Adesso, invece, c’è un po’ il problema opposto:
le telecamere in aula danno spazio alle farneticazioni del norvegese e
suscitano curiosità intorno. Chissà poi come andrà nei prossimi anni: già mi
vedo Signorini a fare la grande intervista tra qualche anno! Domanda: ogni
tanto non sarebbe meglio schermare un poco la luce che illumina la modernità e
la civiltà dei nostri tempi tornando all’ombra di qualche processo sotterraneo
che sfoci in una gattabuia isolata e scura quanto lo stesso sostantivo lascia
presagire? (Anche se si esagera, si veda qui).
Ne scrivo perché, in tanti anni, l’argomento è ricorso
spesso in conversazioni con amici. L’altro giorno mi è capitato di leggere un’intervista
a Mauro Repetto, il biondo degli 883, il quale, dopo vent’anni di silenzio, è
tornato a parlare e a raccontare alla Stampa perché e dove se ne fosse andato,
quando il gruppo era all’apice del successo. Una storia curiosa e piuttosto insolita.
Grande Doson, questo post mi ha interessato un sacco tutto, anche se l'ho letto un pochettino tardi!!
RispondiEliminaPur non interessandomi il calcio, la faccenda delle maglie genoane cedute agli ultrà mi aveva piuttosto schifato! Però non conoscevo i retroscena dell'unico calciatore che si è rifiutato di compiere quel gesto pavido, come giustamente lo definisci tu. Bello... dov'è il buono e dov'è il cattivo? Chi si è comportato più da mafioso? Niente è banale, niente è bianco e nero.
Io il biondino degli 883 proprio non me lo ricordavo, anche se avevo una vaga sensazione che all'inizio Max Pezzali non fosse da solo... Anche questa storia così insolita mi ha fatto piacere leggerla.
A quanto pare su Sculli aveva ragione Gramellini e io ho preso una cantonata pazzesca: http://www.ilsecoloxix.it/p/sport/2012/05/31/APhJm1cC-ultra_preziosi_mentito.shtml
RispondiEliminaEvidentemente l'ennesima dimostrazione che le mele non cadono distante dall'albero e che la tifoseria organizzata è quasi sempre un covo di squilibrati e criminali..
Aggiungo anche questo articolo della gazzetta:
RispondiEliminahttp://24.media.tumblr.com/tumblr_m4w0v8ONZ01qb7eljo1_1280.png