sabato 31 dicembre 2011

L'ultima scommessa di Cristiano Doni

Dopo il periodo intenso dedicato alla prima parte del campionato dove quest’anno più di prima in cartello era presente letteralmente una partita al giorno, il periodo natalizio per un amante del calcio, d’abitudine, è scandito dalle notizie del mercato di riparazione. Quest’anno, però,il natale del calcio ha un suono diverso: sotto l’albero per ora niente giocatori di grido o bomber d’oltreconfine ma un’indagine sulle scommesse che coinvolge i volti di calciatori in attività di serie A e serie minori al pari di vecchie glorie persino della nazionale.

L’indagine farà il suo corso e probabilmente tutto l’insabbiabile verrà insabbiato come ultimamente accade in sede di giustizia sportiva (vedi inchieste su calcio scommesse precedenti, su doping e – in parte anche – l’inchiesta calciopoli). Quello su cui vorrei soffermarmi è la figura di Cristiano Doni giocatore, o più probabilmente ormai ex giocatore (ha 38 anni e un squalifica di tre anni sulle spalle con situazione aggravatasi negli ultimi giorni), di lunga militanza nelle fila dell’Atalanta e più breve in Samp, Modena Brescia, Bologna e Maiorca, coinvolto in prima persona nelle indagini.

Doni è stato uno dei migliori giocatori della serie A degli ultimi dieci anni anche se ha raccolto poco rispetto a quanto poteva promettere il suo talento. Tecnico, col fiuto del gol e bello da vedere, Doni avrebbe meritato grandi palcoscenici ed il 2002 sembrava l’anno del grande salto: dopo tre grandi stagioni all’Atalanta viene convocato – da titolare – in Nazionale per i mondiali di Corea e Giappone dove però non incide e la carriera non decolla. Un anno dopo va a Genova dove rimane due stagioni e poi a Maiorca per poi tornare a Bergamo. La seconda esperienza a Bergamo comincia a 33 anni: a svernare nell’unico posto dove abbia davvero inciso, come grande promessa non mantenuta, si penserebbe. Qui, però, qualcosa in lui si risveglia: torna il leader e l’uomo decisivo che era stato fino a quattro anni prima e inanella cinque stagioni per lui esaltanti. “Sono arrivato alla conclusione che per me questa è una maglia davvero speciale, quasi magica; forse la potrei scherzosamente avvicinare al costume che trasformava Clark Kent in Superman. Ogni volta che la indosso sento una forza e un’energia che mi permette di fare cose che altrimenti non riuscirei mai a fare”, dichiara, e l’amore è reciproco tanto che Bergamo lo fa cittadino onorario nel 2008 e lui diventa - da capitano – il miglior goleador della storia dell’Atalanta.

Doni venne inquisito già nell’agosto 2000 con l’accusa di essersi venduto una partita di coppa Italia. Viene assolto e da allora esulta ad ogni gol alzando la testa con una mano a sostegno, si dice per ribadire un concetto esternato attraverso una dichiarazione durante il burrascoso periodo del processo: “ne uscirò a testa alta”. Nel giugno 2011, nell’inchiesta “last bet” viene però di nuovo coinvolto in indagini legate alla compravendita di partite e viene squalificato per tre anni e sei mesi. Gli elementi a suo carico sono pesanti: l’unica attenuante umana ma non sportiva è che, a quanto sembra, lui le partite dell’Atalanta le comprava sempre per vincere e per andare in Serie A.

A questo punto accade l’impensabile: squalificato, indagato e sotto costante controllo, lui imperterrito continua a lavorare sottobanco alle losche trame della compravendita di partite. Sapendo di essere intercettato, sbeffeggia gli investigatori citando Fantozzi e “l’accento svedese”, scavandosi da solo una fossa non soltanto sportiva. Se nella carriera calcistica aveva forse raccolto poco, sotto il profilo del rapporto con i tifosi aveva avuto tutto: una piazza pronta a ricordarlo per decenni a venire e una città che ne aveva fatto uno dei suoi personaggi più rappresentativi. Di tutto ciò, quando Doni si sveglierà dall’incubo che sta vivendo, nessuno sa che cosa sarà rimasto.


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