Questa è una storia come tante altre che si sono già sentite
e come altre ancora che certamente – purtroppo – si sentiranno. La storia di un
bravissimo ragazzo, senza colpe, ucciso dall’ennesimo bandito di strada.
La differenza con le tante altre storie, storie vere, che si
ripetono, si ripetono, si ripetono è che il ragazzo in questione questa volta
lo conoscevo bene. Eravamo amici. E il meno che posso fare è scrivere poche
righe per descrivere la smaccata assurdità e crudeltà della vicenda della sua
morte: perché davvero alcune volte, al di là della sfortuna, dell’errore umano
o dell’imprudenza, alcune volte il senso di ingiustizia e di impunità che
circonda queste tragedie ti lasciano sgomento.
Nessuno merita di morire a 31 anni e sono sempre i migliori quelli
che se ne vanno ma nel caso di Stefano, nessuno più di lui meritava di non fare
la fine che ha fatto. Stefano era un ragazzo semplice, umile e dai saldi
valori: prima gli amici del quartiere, una laurea in geologia e il sogno
dell’avventura imprenditoriale alla gestione delle miniere di Gambatesa. Poi la
fidanzata, l’impegno forse meno affascinante ma più remunerativo di vigile
urbano nei comuni di Chiavari e Portofino e le nozze programmate l’anno
prossimo.
Tutto filava sulla corsia giusta per Stefano domenica 9
marzo 2014, e pure lui a ben vedere filava sulla corsia giusta col suo scooter.
Da Portofino a Chiavari, alla fine del suo turno di lavoro come vigile
stagionale. Peccato che sulla sua stessa corsia – ma nella direzione sbagliata
– ci fosse pure l’Audi dell’altro protagonista della storia, Andrea, intenta in
uno sconsiderato sorpasso di due auto. Pochi attimi, frontale. Stefano sbalzato
dieci metri più in là e più nulla da fare.
Questa storia è tutta una questione di corsie: chi sta dalla
parte giusta e chi da quella sbagliata, della vita, della strada; chi ci
rimette le penne e chi – forse - non ci rimetterà nulla o quasi. Andrea guida
senza patente quella domenica. Non ce l’ha, ritiratagli poche settimane prima
perché scaduta e mai rinnovata: forse – con il sert che impone controlli e
analisi pulite – è troppo complicato anche solo fare domanda di rinnovo.
Personalmente non ho elementi per dirlo. Fatto sta che comunque, nelle analisi
di Andrea dell’immediato post incidente, vi sono tracce di cannabis, eroina e cocaina.
Andrea è di Portofino, come suo padre, gestore di un noto ristorante del borgo con frequentazioni e conoscenze altolocate. Ci si può
immaginare che la vita di Andrea sia stata di ben altro standard rispetto a
quella di Stefano. Andrea comunque dà una mano al padre e proprio quel giorno è
in ritardo e ha fretta di arrivare per cominciare il proprio turno e per questo
si butta nello sciagurato sorpasso, come probabilmente avrà fatto tante altre volte
prima, con migliori risultati. La fretta, l’errore di valutazione ma – per me –
anche una totale noncuranza nei confronti della vita del prossimo, vista la
gratuità di una manovra già molto pericolosa, effettuata da una persona inabile
a guidare. Ha tanti amici Andrea, i giornali ne hanno parlato: alcuni di questi
gli esprimono solidarietà tirando di mezzo il calcio. “Forza Inter”, scrivono, come
se questa tragedia fosse solo una brutta parentesi e le frivole abitudini
settimanali dovessero riprendere come se niente fosse. Evidentemente, neppure una
morte come questa basta a rendere umani.
Stefano è morto ma a guardarla bene questa storia è pure
peggio di così: dopo pochi giorni di servizio a Portofino, investito da una
persona che doveva essere fermata mesi e mesi prima dallo stesso corpo di
polizia di cui egli faceva parte. Il tutto avvenuto in una cittadina talmente
piccola per cui – volente o nolente – chi vive e lavora lì da anni, magari con
incarichi istituzionali o di polizia, è perfettamente al corrente delle situazioni
delicate riguardanti i membri della comunità. Ma certe volte non si vede perché
non si vuole vedere, perché le amicizie contano più delle vite delle persone,
fino a che non succede la tragedia.
Andrea è ora ai domiciliari. Nella sua casa di Portofino. Staremo
a vedere quello che soldi, conoscenze e
buoni avvocati saranno in grado di fare. Stefano – invece - è stato salutato dalla città commossa giovedì. Lutto cittadino a Portofino, sindaco e
rappresentanze delle forze di polizia presenti al funerale, Virtus Entella
(principale squadra di calcio chiavarese, di cui Stefano era tifoso) che depone
una corona di fiori in sua memoria nella partita del centenario.
Tante parole sono state spese in questi giorni per
ricordarlo e, sebbene sia una magra consolazione, sono contento del fatto che l’addio
da parte della città nei suoi confronti sia stato all'altezza della persona che Stefano è
stato. Ciao Stefano.