Bellissimo questo film del 2011, Carnage, diretto da Roman Polanski. Tratto da una piece di successo del 2007 di Yasmina Resa, Le Dieu du Carnage, scrittrice francese. Il plot è trasportato nella New York americana, senza perdere la sua forza espressiva.
Io adoro questi film di impostazione teatrale (ricordo in particolare Delitto perfetto di Hitchcock). Ambientato per tutta la sua ora e venti in una stanza, scorre veloce e divertente. Gli espedienti per mantenere l'unità di luogo sono tutti squisitamente teatrali e, in parte, la resa cinematografica e il realismo ne risentono. Ma il tutto è talmente godibile che diventano parte del gioco.
La trama è semplice. Due coppie di coniugi si ritrovano nella casa di una delle due per discutere posatamente del fatto che il figlio dodicenne degli ospiti ha colpito con un bastone il figlio dei padroni di casa per futili motivi. I tentativi di mantenere la calma sulla faccenda piano piano si sfilacciano, rivelando ansie, geometrie dei rispettivi rapporti, nevrosi e cinismo. Da un certo punto in poi si dimentica completamente la ragione per cui si discute, svelando il fatto che tutti e quattro hanno preso l'episodio dei figli come un pretesto per scatenare gli istinti meno nobili e meno buonisti della loro natura. Quando sopraggiunge l'alcol la situazione degenera.
Interessante il fatto che le contrapposizioni non sono statiche, ma cambiano di volta in volta, in un carnevale via via sempre più grottesco che vede essenzialmente tutti contro tutti.
Oramai siamo abituati a colpi di scena scioccanti, cinematografici, plateali ad effetti speciali, che nulla hanno a che fare con le saporitissime discussioni su fatti insignificanti, che celano ben altro, proprie degli allestimenti teatrali. In questo si perde tutta la parte dell'interazione con lo spazio e la centralità dell'attore. Tutte cose assolutamente banali, prive di interesse nei film drammatici di grande respiro, acquistano un significato particolare: dei fiori, un criceto, un libro e così via, perché su un palco vero non ho gli effetti speciali. Si rende insomma agli oggetti presenti la loro plasticità, non sono un semplice ornamento da sfondo.
In film come questi (quattro personaggi) tantissimo deve valere la performance degli attori. Tutto questo crollerebbe di fronte ad una interpretazione difettosa. In un certo senso questi sono esercizi di stile e di classe per quelli davvero bravi, al di là del fatto che si ha a che fare con delle riprese.
La coppia dei padroni di casa è interpretata da John C. Reilly (lo ricordavo solo per essere stato il marito di Julianne Moore in The Hours) e Jodie Foster (vista in milioni di film, Oscar per un film in sé decisamente scadente come Il silenzio degli innocenti). Il primo ha la parte a mio avviso più facile delle quattro, quella del bontempone un pò insipido, specchio di un'ignoranza non priva di sadismo. La seconda è la tipica radical chic impegnata politicamente, appassionata di arte, scrittrice di un saggio sull'Africa martoriata dalla guerra, colei che sa come allevare i figli. Al secondo posto nella mia classifica e, in un certo qual modo, il personaggio più coerente di tutti. Abbiamo al terzo posto Christoph Waltz (il bravissimo e cattivissimo generale nazista di Bastardi senza gloria), per il quale recitare la parte dello stronzo cinico deve essere stata una passeggiata. Il suo personaggio è il più banale di tutti, ma ha la caratteristica di passare moltissimo tempo al cellulare, dovendo rendere efficaci il cambio di espressioni di atteggiamento in situazioni differenti.
Seppur la sceneggiatura lasci ampio spazio a tutti per esprimersi, complice la fortuna di aver ottenuto il personaggio più bello dei quattro, Kate Winslet si dimostra ancora una volta come una delle mie attrici preferite e una spanna sopra agli altri tre. Ci siamo da tempo oramai lasciati alle spalle la Rose di Titanic. Io l'ho amata in Revolutionary Road e in The Reader. Il suo è il personaggio che più di tutti deve cambiare la sua mimica facciale, perché in principio è il più posato e alla fine avrà visitato gli abissi più sconvenienti.
Alla fine del film ho pensato a quante volte la morale sociale comune ci tiene lontani dal dire ciò che ci passa per la testa, ci preserva dal compiere gesti inconsulti, ci invita a risolvere le controversie con la diplomazia. Ho poi anche pensato a quando invece lo sfogo è stato possibile e a quanto bene possa fare urlare e distruggere oggetti. Il blocco ci deriva dal fatto che questi sono atteggiamenti che ci imbruttiscono o semplicemente dal fatto che se tutti dessimo in escandescenze non sarebbe possibile vivere tutti insieme?
Tenendo conto che ho visto questo film molto tempo fa, ricordo abbastanza bene l'impressione uscito dal cinema...intanto grande stima per i film " in una stanza", abilità enorme di regista (e attori) a tenere viva l'attenzione senza azione, è un virtuosismo puro.
RispondiEliminaDurante il film cambia la percezione dei personaggi (mi ricorda il tema delle maschere di Pirandello), la coppia tenerina a modino, si dimostra lontana dalla prima impressione, invece lo stronzo alla fine viene rivalutato dallo spettatore per la coerenza ( "almeno lui si è palesato stronzo dall'inizio e tale è rimasto").
Almeno questo è quello che avevo pensato.
Se non ricordo male scena finale con i bambini, causa del litigio tra genitori, che giocano insieme nel parco; il bambino con le ferite bendate, che gioca con l'altro che ha causato quelle ferite...a sottolineare la facilità dei bambini rispetto agli adulti di ripartire da zero, di non portare rancori eterni, di lasciarsi indietro contrasti e diverbi.