martedì 30 luglio 2013

Chapeau


Chi mi conosce sa che la Chiesa Cattolica (come istituzione) non mi è mai molto piaciuta.

Non mi piace la struttura gerarchica, sessista e rigida su cui si basa, non mi piace il giro di potere economico che si è venuto a creare, non mi piacciono gli scandali irrisolti e le ambigue connessioni che erano emerse negli anni ottanta, non mi piace l'enorme e spropositato potere immobiliare che ha sul territorio italiano, non mi piace che ci siano esercizi commerciali, scuole, alberghi, ecc con un regime fiscale speciale, detesto con tutte le mie forze l'influenza cattolica nell'educazione offerta dalle scuole italiane (vedi QUI), trovo grottesca e immorale la contraddizione con la quale chi predica la sobrietà e l'austerità lo faccia vestendo tuniche pregiate e portando anelli e crocefissi d'oro, e soprattutto non sopporto le ingerenze (legittimate, tra l'altro, da questo o quel partito, a seconda della situazione) esercitate sul nostro Stato che dovrebbe essere laico.

Attenzione, non ho nulla contro chi crede, anzi... E so bene che della Chiesa fanno parte bravissime persone, che si impegnano duramente e fanno mille sacrifici dedicando la propria vita a chi ha bisogno, per cercare di migliorare questo mondo.



Ne fanno parte, tra l'altro, persone che, da una posizione nella quale sarebbe probabilmente molto più semplice appoggiare ed appoggiarsi a certi dogmi  sessofobi e conservatori, finalmente dimostrano quell' intelligenza, umiltà e rispetto per dire "non mi permetto di giudicare un gay"

E' una cosa forte, secondo me. Una piccola rivoluzione, ma neanche tanto piccola in realtà.
Speriamo sia la prima di una lunga serie!!

Grande Bergoglio, chapeau!!


venerdì 26 luglio 2013

cinque mesi da.....

voglio dedicare questo mio 50° post sul VP ad una questione "interna", sottoponendovi un indovinello

oggi, 26 luglio, ricorrono i 5 mesi da un avvenimento che riguarda il blog (anche ieri, 25 luglio, ricorreva un analogo mesiversario)... Quale?

PS chi indovina non vince nulla

giovedì 25 luglio 2013

...

"Evasione per sopravvivere". Qui rischio di essere querelato se scrivo tutto ciò che mi passa per la testa. Vi lascio immaginare quanto sia scandalizzato dalle dichiarazioni di un noto esponente del PD, che oramai si abbassa a perpetrare la storica demagogia del PDL.

Le tasse sono giuste. Chi non le paga meriterebbe la galera. Il fatto che se così facessi in questo istante svuoterei le strade, i pub, città intere non mi turba. NON EVADE CHI DEVE SOPRAVVIVERE, PERCHE' CHI DEVE SOPRAVVIVERE PROBABILMENTE HA LA BUSTA PAGA QUINDI NON EVADE. Avrei voglia di bestemmiare. Cazzoooooooooooooooooooooooooooooooooooooo, come mi arrabbiooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo!!!!

Pensa te se mi devo ridurre a scrivere ovvietà.

mercoledì 24 luglio 2013

The Rise and Fall of the Third Reich (II)

Carissimi
leggendo sistematicamente il libro di cui vi ho parlato l'altra volta, sono incappato in un episodio che non ricordavo, terrificante: il rogo dei libri (in tedesco Bücherverbrennungen), operato in molte città tedesche, dopo l'avvento al potere di Hitler nel gennaio del 1933.

Di striscio osservo che praticamente tutte le misure di nazificazione della Germania potevano dirsi concluse alla fine del 1933. Non meno importanti di altri furono gli interventi nella cultura, nel sistema educativo e nell'istruzione, di ogni ordine e grado. Emblema di questa prostituzione della cultura, il rogo di tutti i libri ritenuti pericolosi per il mantenimento della purezza della mentalità e della cultura tedesche. Al di là dei soliti Marx, Lukacs, Lenin e via dicendo (esponenti di quel "bolscevismo" odiato in egual misura dai nazisti e dalle democrazie occidentali di inglesi e francesi), mi sono sorpreso di trovare testi anche di autori non ebrei e non "bolscevichi", a rimarcare la degenerazione culturale di cui la Germania fu preda in quei giorni.

Le teorie fisiche di Einstein erano ritenute in tutte le università tedesche espressione di una cospirazione ebraica mondiale, con scopo il declino delle scienze naturali germaniche. Proust fu bruciato (questa però è un'opinione mia) perché nel suo capolavoro espone delle vite sessuali e sentimentali decisamente libere da schemi, con delle riflessioni sull'arte non gradite (è ironico che Proust fosse, come Hitler, grande estimatore della musica di Wagner). André Gide (omosessuale), James Joyce (emblema di un'arte "degenerata a puro esercizio intellettuale"), Sigmund Freud, Thomas Mann, Bertold Brecht, Hermann Hesse, Ernest Hemingway (per citare solo quelli di cui so qualcosa).

Il rogo dei libri (più in generale la distruzione di materiale culturalmente scomodo) non è unicamente ascrivibile al nazismo. Passate alla storia certamente la distruzione della biblioteca di Alessandria e il rogo di opere d'arte perpetrato da Savonarola a Firenze nel Quattrocento. Ma capite bene che di immagini reali di questi atti non ce ne sono pervenute, rimangono un pò mitiche, lontane, facenti parte di un mondo "precedente", che nella nostra mente è pure inconsciamente un pò "indietro". Invece qui meno di cento anni fa ci si ritrovava pubblicamente in piazza a bruciare libri, ci sono testimonianze fotografiche del fatto. E' in un certo senso più disturbante.

La cultura in uno stato totalitario coincide con il punto di vista del partito che, sotto molti aspetti, é lo Stato. Non è ammissibile alcun confronto. E' ironico pure il fatto che la Germania, in fondo all'abisso culturale in cui cadde dopo aver donato al mondo il meglio del meglio, trovò proprio una delle molte ragioni della sconfitta del nazismo: le teorie "ebraiche" di Einstein potevano essere utili nella corsa all'armamento atomico, raggiunto prima dagli Alleati. Esse furono bandite e gettate via, recuperate solo troppo tardi. Per fortuna.

Il fatto è che uno stato privo di cultura si atrofizza, si fiacca, si blocca in una visione prestampata e definitiva. La vita è movimento, mutamento. Non ci si può fermare in un punto. Lo scopo è sempre cercare di guardare oltre. Solo un folle molto intelligente ha potuto dare a bere ad un popolo intero che il Terzo Reich sarebbe durato "per mille anni". La cosa che turba un poco è che basta cambiare l'istruzione e l'informazione e il mondo lo modelli a immagine della tua mente di dittatore, anche se malata e perversa. Dimostrerò con il tempo che si è trattato di questo, anche nella nostra Italia recente. Con tutte le sfaccettature di responsabilità della sinistra, che in Germania pagò a carissimo prezzo la sua idealistica difficoltà a concludere nei fatti. Ma delle responsabilità interne ed esterne all'avvento del nazismo parlerò a tempo debito.

Ci sembra di poter concludere che uno stato, anche uno stato totalitario, non possa sopravvivere senza cultura. D'altronde uno stato totalitario esclude per definizione la cultura, che è scambio, confronto, differenti strumenti di lettura del mondo e di noi stessi. In uno stato totalitario esiste solo il partito che ha il 100% del Parlamento, che controlla ogni aspetto della tua vita, del tuo corpo e della tua mente. Più in generale il potere senza cultura determina l'inefficienza del potere stesso. Del resto ho scoperto l'acqua calda: questo è essenzialmente il messaggio di Platone, al di là delle stupidaggini vecchie di duemilaquattrocento anni. TEOREMA: uno stato totalitario non può durare. Nel frattempo può magari portare il mondo sull'orlo della fine, ma non può durare.


mercoledì 17 luglio 2013

Riparte il futuro #2

A febbraio avevo raccontato di un'iniziativa per elezioni politiche 2013 chiamata "Riparte il futuro".

Avendo a suo tempo sottoscritto l'appello mi arrivano periodicamente gli aggiornamenti via email sul destino di questa iniziativa, che aveva al primo punto la modifica della norma sullo scambio elettorale politico-mafioso (416ter), ovvero "l'estensione della perseguibilità dello scambio elettorale politico mafioso non solo alla dazione di denaro ma anche all’altra utilità (incarichi, appalti, informazioni)".


Nel frattempo si è costituito un intergruppo parlamentare che ha elaborato una proposta di legge in questo senso: ieri, 16 luglio, la Camera ha votato all'unanimità (503 favorevoli e 127 assenti) questa riforma. Mi piace riportare le parole di don Ciotti, da vent'anni impegnato nell'avventura di Libera contro le mafie e la corruzione:
«L’approvazione del nuovo 416ter sullo scambio elettorale politico-mafioso è, sotto tre diversi aspetti, un piccolo ma significativo passo avanti.L’aspetto tecnico: la norma finalmente estende la perseguibilità del reato, oltre che allo scambio di denaro, ad altre “utilità”.L’aspetto culturale: viene implicitamente riconosciuto che la corruzione è un problema di democrazia, di vuoto di diritti colmati con la sottocultura della raccomandazione, del favore, del privilegio, dell’abuso.L’aspetto sociale e politico: è il frutto di una collaborazione fra la società responsabile – gli oltre 270mila cittadini che hanno firmato la petizione della Campagna Riparte il Futuro, promossa da Libera e Gruppo Abele per un più serio contrasto alla corruzione – e quella parte di politica seria che ne ha accolto e promosso l’appello.Si tratta ora di procedere su questa strada, perché i passi da fare sono ancora molti. Con una certezza: che quando si uniscono le forze – e ciascuno, nel suo ambito, fa la sua parte – si costruisce cambiamento. È sempre il ‘noi’ che vince».

Ora manca il passaggio del voto al Senato, per questo viene promossa una nuova raccolta firme per chiedere al presidente Grasso di mettere in calendario la votazione prima della fine estate, visto il clima politico di "leggera" instabilità. Se vi va, leggete e firmate!

lunedì 15 luglio 2013

The Rise and Fall of the Third Reich (I)

Carissimi
dopo aver finito il libro di Dostoevskij sono passato alla saggistica. Dopo simili livelli di letteratura bisogna necessariamente staccare un pò. Nel farlo sono tornato ad un mio antico interesse, espresso peraltro da un mio post di anni fa: il nazismo.

Anni fa ho letto due testi in merito, uno alquanto divulgativo "Storia della Germania Nazista" di cui non ricordo l'autore, l'altro la a quanto pare celebre biografia di Hitler di Joachim Fest. Ma scuriosando nella fornitissima biblioteca di Castelnuovo mi sono imbattuto in un libro, "Storia del Terzo Reich", di tal Shirer, americano, che ha subito catturato il mio interesse. Oltre a costituire una mole di informazioni incredibili (oltre 1200 pagine), si tratta un'analisi "a caldo", essendo la prima edizione del libro del 1959, con tutti i limiti intrinseci dovuti a questo fatto. L'autore ha avuto modo di visionare personalmente documenti e materiale di prima mano, conversazioni private, interviste a coloro che hanno vissuto quegli anni; inoltre visse in Germania per un certo periodo negli anni Trenta.

La conferma di avere a che fare con un libro "storico" mi venne da mia madre che, appena lo vide, mi disse che quando lavorava a fine anni Sessanta in una libreria di via Porta degli Archi a Genova, ora scomparsa, lo vendeva moltissimo. Malgrado i limiti ovvi che un'opera simile ha, vista la mentalità retrò di chi scrive e il fatto che si parla di un libro apparso appena a dieci anni di distanza dai fatti, esso è assolutamente godibile. Ho divorato le prime 150 pagine in un baleno.

Come scrissi in quel post, non bisogna mai smettere di indagare e cercare di capire meglio. Shirer, in queste prime pagine, come fosse un ottimo didatta, stressa pesantemente un aspetto, citando fonti e riportando fatti, che non mi era mai capitato di vedere in modo così netto. Dovete sapere che Hitler tentò un primo colpo di Stato in Baviera nel 1923, una comica, se penso a come fu organizzato, passato alla storia come "il putsch della birreria", in seguito al quale Hitler fu imprigionato per sei mesi. Dopo questo flop e memore delle sue riflessioni risalenti a quando vagabondava a Vienna, il futuro dittatore concentrò tutte le sue forze a conquistare il potere in modo rigorosamente costituzionale. Non fu un caso, intendiamoci. Fu una manovra assolutamente calcolata, come dimostrano la condotta relativamente tranquilla che tenne nei dieci anni dopo il colpo di Stato fallito e molte sue dichiarazioni successive. Gli attacchi politici e fisici verso gli avversari e le imperdonabili negligenze dei governanti di allora sono nulla in confronto ai dati: su trentuno milioni di elettori, nel 1928 i nazisti ottennero solo 810.000 voti; nel 1930 i voti salirono a 6.409.600, rendendo il partito nazista il secondo partito del paese.

Importante sottolineare che la crisi del '29 contribuì certamente a mostrare il nuovo partito nazista come il salvatore della patria. Impossibile poi non ricordare la leggenda, che Hitler seppe sempre usare a proprio vantaggio, dei "criminali di novembre": la Grande Guerra era stata perduta nel novembre del '18 a causa di coloro che, dall'interno, pugnalarono alle spalle la Germania (?!). Inutile dire che per Hitler questi responsabili erano i marxisti, i socialisti e gli ebrei. Il tedesco medio visse sempre con una certa stizza questa faccenda di aver perduto la prima guerra mondiale. Unendo a questo il fatto che il '29 mise in ginocchio il paese, generando milioni di disoccupati, forse non dovrebbe sorprendere il dato sopra riportato.

Concludo. Sono particolarmente interessanti le seguenti righe di Hitler sul problema economico. Qui si esprimono insieme il suo antimarxismo e il suo anticapitalismo, una dicotomia davvero originale se giudicata con i metri odierni. Qui, in definitiva, si stabilisce un'alternativa sia al capitalismo democratico sia al marxismo, entrambi caratterizzati dall'ossessione del problema economico. Alternativa sconfitta durante la seconda guerra mondiale.

"Lo Stato non ha proprio nulla a che vedere con determinate teorie economiche o con determinati sviluppi commerciali. Lo Stato è un organismo razziale, non economico. La forza intima di uno Stato coincide rarissimamente con i cosiddetti apogei economici. Non sono le qualità materiali, ma le virtù ideali a contribuire alla formazione di uno Stato. Solo su queste premesse l'economia può fiorire. Ogni qualvolta l'economia diventò l'unico contenuto dell'esistenza del nostro popolo e soffocò le virtù ideali, lo Stato precipitò in rovina..."

sabato 13 luglio 2013

La zanzara, Taormina e le risate di Parenzo


Da qualche giorno, stanco dei soliti CD che ho in macchina da anni, ho scoperto la trasmissione radiofonica "La zanzara", su Radio24, condotto da Giuseppe Cruciani e Daniel David Parenzo.

Per chi non conoscesse la trasmissione devo dire che è divertente: i conduttori commentano notizie per lo piu politiche insieme agli interventi degli ascoltatori, il tutto in maniera piuttosto ruvida .
Leggasi: spesso e volentieri insultano i telespettatori, i quali nonostante conoscano bene il rischio fanno la coda per chiamare (tutto ciò ha un profumo familiare, mi ricorda molto "Gigi il Troione" -RIP-)

Ovviamente ci sono anche tanti ospiti, per lo piu del mondo della politica: Cacciari, Salvini, Biancofiore, per citare alcuni, anch'essi incalzati dalle domande dei giornalisti e, a volte, insultati dal pubblico che chiama da casa.

E' evidente che questa tecnica giornalistica dia i suoi frutti, e devo dire che Cruciani è piuttosto abile nel vestire i panni del cinico, Parenzo a volte da l'impressione di recitare la parte dell'incazzato, ma il risultato è comunque positivo.

Contento della mia scoperta, tornato a casa ho cercato un po di info sui due, e sono incappato nella registrazione di una puntata nel quale, ospite d'onore era -udite udite- l'avvocato Taormina.

Inutile dire che siano iniziate ad arrivare telefonate di insulti, direi piu che meritati, qua sotto un pezzo della trasmissione. E' abbastanza lungo, e per certi versi anche irritante, dato che per la maggior parte del tempo è parlarsi addosso senza dire nulla se non insulti.




Tuttavia il "fenomeno" (che è stato anche parlamentare per Forza Italia nonchè sottosegretario del Ministero degli Interni)  è arrivato a dichiarare

"io ho fatto assolvere un nome importante della politica italiana, ma che in realtà era un criminale concusso e che ha truffato lo Stato" 
E ancora  
"Io ho fottuto la magistratura, cosa c'è di piu bello?"


In tutto questo Parenzo se la rideva beatamente.
Capisco che per fare audience bisogna inventarsene di ogni, capisco anche che tu stia gongolando come un pazzo perchè sai che lo share sta salendo, però cristo, avete invitato uno che ha fatto mani in pasta col malaffare, coi disonesti, coi truffatori dello Stato, uno cho oltretutto con quel suo ghigno ha anche la paraculaggine di vantarsene in pubblico, con quella spocchia e quel senso di impunità di chi pensa essere intoccabile.

Insomma, mentre sto fenomeno diceva queste cose con un certo senso di soddisfazione, i giornalisti non solo non l'hanno silurato (come invece hanno fatto con altri personaggi "minori", non inclini a catalizzare tanto malumeore -e quindi tanto share-) ma quell'altro (Parenzo) se la rideva sotto i baffi, gongolando..

Come dire, l'audience prima di tutto, poi chissenefrega se per questo siamo costretti a leccare il culo ai peggio stronzi


mercoledì 10 luglio 2013

Бесы (I DEMONI)

Carissimi
due sere fa ho terminato questo splendido ennesimo capolavoro di Dostoevskij. Ancora una volta scrivo per difendere con forza una tesi: un grande classico non è automaticamente "per pochi", "pesante", "illeggibile". Questa è letteratura universale, quindi per tutti.

Ma è letteratura universale anche perché non rimane confinata nell'epoca in cui è stata prodotta. Essa è portatrice di piacere squisitamente narrativo, perciò senza tempo. Chi poi può e vuole leggere tra le righe lo faccia. Chi vuole invece leggere semplicemente una bella storia può farlo, esattamente come se leggesse un qualunque altro libro.

Questa volta il grande autore russo ci ha messo un pò a conquistarmi. Di oltre settecento pagine fitte, le prime trecentocinquanta sembrano un'eterna attesa, uno spietato senso di angoscia per qualcosa che deve accadere. La cosa interessante è che poi effettivamente succede di tutto. 

I demoni viene pubblicato tra il 1871 e il 1873. Posteriore a tutti gli altri ben noti capolavori di Dostoevskij, eccetto I fratelli Karamazov, è stato per me una piacevole scoperta. In esso vengono ripresi tutti i grandi temi cari allo scrittore russo (il libero arbitrio, l'esistenza di Dio, le ragioni del male, il nichilismo, il senso di colpa), ma in una compagine narrativa decisamente più movimentata di altre volte (almeno da un certo punto in poi diventa assolutamente mozzafiato). Una foresta di personaggi, ciascuno portatore, come sempre, di una visione della vita e di una morale, contribuisce a rendere un paesaggio variegato, saporito, pieno di colpi di scena e di rivelazioni. Al solito la linea tra bene e male, tra redenzione e perdizione, tra giusto e sbagliato, viene sottilizzata, quasi annullata, ma sempre filtrata da una precisa visione sull'assoluta dignità della persona e della vita umana, come tratto decisivo del creato, con tutte le sue ombre, le sue bassezze, le sue contraddizioni.

Chi sono i demoni? I demoni di Dostoevskij sono anzitutto i demoni interiori. Il peccato più grave di tutti è imbruttire la propria natura umana consapevolmente, facendo del male a sé e agli altri. E poi ci sono i demoni reali, il pretesto narrativo per scatenare gli avvenimenti. In questo romanzo Dostoevskij vuole prendere le distanze, non senza ironia, da tutti quei filoni filorivoluzionari e nichilisti che attanagliavano la cultura borghese del tempo, dando uno spaccato dell'evolversi di una piccola cellula terroristica in una piccola cittadina di provincia. Filoni che prendevano tutti le mosse da un annullamento della morale, dove per morale non si intende quella predicata nei salotti, ma quella pura, pulita, essenzialmente cristiana, che pone al centro l'uomo e la sua salvezza, in questa vita e nell'altra. Lo scopo di questi rivoluzionari quasi maldestri è minare il tessuto della società per poterne sconfessare i principi e le sicurezze. In alcuni casi si è mossi da un autentico spirito di compassione per le classi più povere ed emarginate, in altri da una cieca volontà di potenza quasi senza scopo, in altri ancora da una noia mortale che porta all'indifferenza per il mondo.

Non volendo e non potendo svelare troppo, lasciatemi solo tratteggiare per sommi capi i personaggi principali, nella speranza di invogliarvi a leggere questo libro. Stepan Trofimovic è la caricatura, il russo accademico, che intervalla nei suoi discorsi frasi in francese, che si fa portatore (ad un livello esclusivamente intellettuale) dei valori rivoluzionari. Quando si tratta di agire questo personaggio cade preda di deliri, febbri, nevrosi. Intimamente non abbandona mai la visione conservatrice della sua classe.  In me questo personaggio ha scatenato una tenerezza senza fine. Il figlio, invece, Piotr Stepanovic, è un personaggio privo di scrupoli, che architetta tutte i disastri ai danni della "ridente" cittadina. Portatore di una visione folle e priva di morale, è convinto che l'umanità debba dividersi in due: gli intelligenti e le capre su cui i primi possano cavalcare. La vita umana (rigorosamente degli altri) può essere sacrificata per un'idea. Impossibile elencare qui tutti i demoni. Particolare menzione meritano però Kirillov, Sciatov e Lebdiakin. Il primo è certo che Dio non esista e si balocca per tutto il libro di suicidarsi per questo. Il secondo è un ex-demone alla ricerca di una fede rinnovata che ha compreso che la rivoluzione non può essere fatta da uomini della risma di Piotr Stepanovic, e per questo dissente con i maneggi della piccola organizzazione. Lebdiakin invece è un demone come ce ne sono tanti nei libri di Dostoevskij: bevitore, attaccato al denaro, ciarliero, imbarazzante. Uno dei tanti "del sottosuolo".

Tre figure femminili. Varvara Petrovna è la "compagna di vita" di Stepan Trofimovic, donna pratica e saldamente ancorata ai valori del passato, ma con intelligenza. Julia Michailovna è invece la moglie del governatore locale, che collabora senza saperlo allo svilupparsi della catastrofe, solo perché è "di moda" avere idee progressiste. Sopra tutte Lizaveta Nikolaievna, tipica figura femminile passionale dostoevskiana, di una negatività agghiacciante, tutta intenta ad autodistruggersi consapevolmente, incapace di resistere all'attrazione esercitata su di lei dal figlio della Petrovna, Nikolai Stavroghin.

La vera invenzione di questo libro, forse una delle personalità meglio riuscite allo scrittore russo, è proprio il personaggio di Nikolai Stavroghin. Egli è il punto comune tra tutti i personaggi, motore ideale della vicenda e demone per eccellenza. Sadico, incomprensibile, bestiale, sembra privo di una motivazione nell'esercizio del male. Si dimostra relativamente estraneo agli intrighi del piccolo gruppo di rivoluzionari, ma è visto da tutti come l'ispiratore, l'anima, il midollo dell'organizzazione. Le ultime pagine del romanzo sono fitte delle parole assolutamente scioccanti di Stavroghin.

Dostoevskij è un grande perché se ne frega di costruire personaggini costruiti, appartenenti  al bene o al male, secondo l'abitudine di certi scrittori mediocri del suo tempo. Dostoevskij racconta di personaggi reali, pieni di contraddizioni, difficili da interpretare, difficili da giudicare, che semplicemente, tra le pagine che stiamo leggendo, vivono.




martedì 9 luglio 2013

Isaac Asimov : la "Triologia della Fondazione"


Ho letto qualche libro di Asimov, da tutti considerato il padre della fantascienza.

Non nego che alcune volte sia rimasto un pochino deluso, non tanto per le idee, per lo piu affascinanti e originali, quanto per il fatto che, in qualche caso, lungo la narrazione si accumulavano alcune incongruenze, alcune illogicità che davano l'impressione che la trama fosse un po' "forzata"

La "Triologia della Fondazione", considerata da tutti l'opera omnia della fantascienza, invece, non ha deluso le aspettative.




Composta da "Cronache dalla galassia" (1951), "La caduta dell'impero centrale" (1952) e "L'altra faccia della spirale" (1953), quest'opera narra le vicende che si svolgono in un lontano futuro, nel quale l'umanità ha colonizzato praticamente tutta la galassia.

La narrazione è di stampo nettamente piu storico che fantascientifico: non vengono descritti mondi assurdi, sistemi di vita complessi e sorprendenti, macchinari avvenieristici, alieni, e tutti quegli ingredienti tipici che ci aspetteremo di trovare in un romanzo di questo genere

Le vicende che vengono narrate si rifanno a situazioni che conosciamo bene: dinamiche politiche, strategie di influenza mercantile, guerre intestine, giochi di potere, faide interne.


E' proprio questa la forza di quest'opera: presentare al lettore situazioni a lui familiari, lasciando intendere che, qualunque progresso compierà l'umanità, la sua natura di base resterà immutata, dando alle vicende un connotato di incredibile realismo e plausibilità.

Cercherò di introdurre brevemente la trama, senza rivelare troppo.


In un futuro molto remoto l'umanità ha colonizzato l'intera galassia, e l'istituzione che detiene il potere è l'Impero Galattico, organismo centralista, che grazie alla sua macchina burocratica spaventosa (la capitale è Trantor: un pianeta interamente coperto da una città) amministra gli oltre 7 milioni di mondi abitati.
Qualcosa però lascia presupporre che questa situazione di stabilità e pace non sia destinata a durare: scricchiolii sinistri nel tessuto politico, federazioni di regni di provincia semi indipendenti, uniti all'immobilismo della forte ma pesante istituzione centrale, lascia presupporre che presto l'Impero crollerà.
Di questo ne è convinto Hari Seldon, luminare della "psicostoriografia", futuristica scienza matematico-statistica che riesce con sufficiente precisione a valutare a livello probabilistico eventi futuri di natura socio-politica.


Resosi conto dell'inevitabile fine dell'Impero, mette in piedi un piano (il cosìdetto "Piano Seldon") per ridurre al minimo il periodo di miseria successiva a questo crollo e traghettare l'umanità verso un nuovo periodo di pace e prosperità.

Si mette così in moto una serie di eventi, di situazioni, di scenari politici (nei tre libri vengono narrate le vicende che si svolgono nell'arco di 250 anni) nel quale il lettore può ritrovare forti analogie con la storia che conosciamo già: le fasi del crollo dell'Impero centrale, di fatto, hanno dei connotati estremamente simili a quelli del crollo dell'Impero Romano.
Le fasi successive, ricordano per certi versi la fase medievale e rinascimentale.
Non mancano gli imprevisti e le "variabili impazzite", che metteranno a dura prova la riuscita del piano.



Tutto questo è portato avanti seguendo una linea narrativa estremamente pulita e chiara, senza forzature, senza lasciare nulla al caso.
Cullato nell'odissea spaziale, in cui il vero protagonista è la Storia (nel vero senso della parola) il lettore resta invischiato nella lettura con una sola domanda: "e ora come si evolveranno le cose?"


Consiglio quindi a tutti di iniziare col primo della serie, "Cronache della Galassia"... Dubito che vi fermerete a questo!


Il mercato della domanda, dell' offerta e di cose che non capisco


Da quanto tempo non scrivo sul blog?

mi sembra da un sacco!! (nulla a confronto con Ballets o Doson, comunque!)

in realtà avrei voluto scrivere qualche cosa conclusiva riguardante la Cina, ma chissà che non lo farò in futuro.. per il momento la mia attenzione si focalizza su un quesito di natura etico-economica... wow penserete!!

il quesito è semplice:

un'azienda ha la capacità di produrre 100 tonnellate di grano.
considerando stipendi del personale, materia prima, energia per i macchinari, ecc ecc spende, per produrre quel grano, 100000 €.
vien da se che il prezzo di un kg di grano dovrebbe assestarsi intorno ad un euro.

ok.

l'anno dopo, molta piu gente chiede grano, e, siccome l'azienda può produrre le solite 100 tonnellate, non ci sarà grano per tutti.
quindi la gente è disposta a pagare 2 euro al kg, e l'azienda, ben felice, stabilisce questo prezzo.
risultato, lo stesso identico prodotto ha acquisito un prezzo superiore nonostante le risorse impiegate fossero esattamente le stesse.

il surplus di valore è dato dal meccanismo della domanda e dell'offerta, cioè il prezzo, il valore di un bene non è proporzionale e strettamente legato alle risorse impiegate per produrlo, ma tale valore dipende dalle circostanze.
non c'è dunque dipendenza tra valore monetario della cosa e valore "reale", valore "concreto", mi pare.

Insomma, scusate la domanda un po ingenua, ma quanto vale realmente un kg di grano, allora?
mi rendo conto su questo di avere la mente un po' rigida (forse ingegneria inizia a dare i suoi frutti) ma trovo questa arbitrarietà del tutto poco ordinata, caotica, e troppo priva di punti di riferimento.. un po assurda, per certi versi




e infatti, a conferma di questo, in certi casi si puà parlare effettivamente di assurdità: si può portare ad esempio il fatto che ci sono intere fette di mercato (esempio la cosidetta "ALTA MODA") che si basano proprio su questo, generando quelli che secondo me sono dei paradossi (borse a 22000 euro - vedi foto -, i famosi cellulari Vertu a 15000 euro, e via così)

evitate di controbattermi "ma grazie a questo l'azienda può investire in altri macchinari e produrre piu grano", perchè ci sarebbero altre strade.

ragazzi, bisogna rifare tutto... bisogna fondare il "Nuovo socialismo VPOSTULARO"!!!!

Bolo il filosofo, Lore quello che deve far tornare i conti, Doson quello che esporterà il modello in Francia... io invece mi accontenterò di diventare il capo di tutta la baracca!

Scusate, la prossima volta (spero non tra un mese) cercherò di tirar fuori qualche argomento meno palloso!
stasera mi andava ;-)